Territorio
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Bernalda - Il Castello di San Salvatore
Bernalda Il castello di San salvatore, in agro di Bernalda, trova le sue origini antichissime nel vicino tempio di Hera dell’antica Metaponto.
Viveva in questo piccolo castello un contadino che era solito regolare il passaggio su un ponte che permetteva di guadare il fiume Bradanosi. Mangiava solo pane e cipolle e qualche volta, nelle feste, qualche avanzo di polenta che qualche passante gli portava da terre lontane. Un giorno, mentre sorvegliava il ponte, che oggi non c’è più, vide dinanzi a sé una donna di straordinaria bellezza, ornata d’oro e di diamanti. Meravigliato, le domandò:
“Chi sei tu, o bella Regina, che vieni a trovare me, povero diavolo?”.
Quella rispose: “Io sono la Ricchezza, vivo come voglio, nessuno pone limiti ai miei desideri e tra i nemici temo solo la Morte. Siccome ho deciso di farti vivere felice, ti dono una parte dei miei tesori. Quando fa notte, vai nel fondo soprannominato Pizzica e lì troverai un pozzo. Attingi acqua e vedrai che più volte il secchio calerai più volte oro prenderai”.
Detto ciò scomparve.
Il contadino, appena si fu ripreso dall’emozione, e poiché s’era fatta già notte, decise di recarsi sul posto indicato e di provare. Calato il secchio, lo ritirò su che traboccava di oro fino. Contento come una pasqua se ne tornò alla sua capanna. Il giorno successivo comprò cavalli e carrozze, ed ingrandì il bel castello e si circondò di servitù.
Tutte le notti continuò a calare secchi nel pozzo, divenendo in breve tempo l’uomo più ricco della contrada, tanto che il re di Bernalda al suo confronto sembrava un poveraccio. Ma la Morte che per un certo tempo aveva lasciato campo libero alla sua rivale, volle prendersi la rivincita. Entrata di straforo nel palazzo del contadino arricchito, convinse il suo servo più fidato a intrufolarsi nella stanza in cui era custodita la cassaforte. Il servo eseguì quanto gli era stato richiesto e vedendo il padrone in poltrona dinanzi a mucchi di zecchini e canini, avido di possederne almeno una parte, estrasse un coltello e lo uccise. Poi, riempitesi le tasche e il cappello di monete, fuggì.
La Morte, che aveva seguito la scena nascosta dietro la cassaforte, si avvicinò al contadino disteso sul pavimento occhi sbarrati e sogghignando commentò: “Meglio per te sarebbe stato se fossi rimasto contadino! Non ti avrei preso prima del tempo. Ti lasciasti lusingare dalla Ricchezza e ora eccoti qua freddo”.
Da allora è nato il proverbio:
R’ picc’ abbàst’, r’assai uàst’.
FONTE: Consiglio Regionale di Basilicata.
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