Territorio
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Bernalda - Castello
Bernalda L’antico castello di Bernalda fu e ricostruito al tempo di Bernardino de Bernauda –segretario dei re Alfonso II, Ferdinando e Federico d'Aragona– su un edificio più antico. Il feudatario, che edificò anche la città, che quindi prese il nome dal suo padrone, presso l'antica Camarda.
Indubbiamente il
castello è aragonese, anche se la sua
prima costruzione va posta sotto i
normanni, quando Riccardo da Camarda
ebbe in feudo le terre dell'attuale
Bernarda e di Ferrazzano. Per oltre un,
dal 1300 al 1470, il castello fu ben
mantenuto ed abitato dai vari signori,
tra i quali si ricordano Pietro Tempesta
e Bernando del Balzo.
Dal 1470 in poi troviamo il castello
disabitato: forse a causa di uno dei
frequenti e tremendi terremoti che
sconvolgevano periodicamente la regione,
e precisamente a quello del 1466, che
distrusse –come vuole erroneamente una
tradizione– tutto l’abitato di Camarda.
E tutta la zona restò spopolata o,
comunque, relativamente abitata,
nonostante che Pirro del Balzo,
feudatario di Venosa, tentasse di farvi
dimorare non poche famiglie fuggiasche
di Schiavoni, Albanesi o Greci. Lo
stesso Pirro pensò di ricostruire il
castello, ma non ne fece nulla,
premendogli forse più Venosa e così solo
nel corso del XVI sec. diede inizio ai
lavori di ricostruzione.
Tra i successivi abitanti del castello, va ricordato don Nicolò di Peres-Navarette, che con privilegio del 28 marzo 1607 si intitolò duca di "Bernauda".
Il castello domina la valle del Basento e ancora oggi fa bella mostra di sè. Degno di nota è il fatto che nel castello fu ospitato, nel 1735, Carlo III di Borbone, il quale, agli inizi del suo regno, volle personalmente visitare i territori del napoletano avuti in seguito alla guerra di successione polacca.
Le mura di cinta assecondano la natura del terreno; sono per lo più perpendicolari e, per brevi tratti.
Non si conosce con esattezza il numero delle torri, poiché attraverso i vari rimaneggiamenti il perimetro si è andato sempre più restringendo. Allo stato attuale, oltre alle tre ancora i piedi, esistono tracce di almeno altre cinque.
Esse erano formate da un piano interrato, adibito prevalentemente a deposito, da un piano terreno, i cui mezzi d’offesa guardavano prevalentemente all’interno, e da due piani superiori aperti sul cortile, ad eccezione del torrione sud.
Il castello possiede almeno quattordici pozzi, che dimostrano chiaramente come doveva essere difficile per gli abitanti della rocca procurarsi acqua in caso di assedio.
FONTE: Consiglio Regionale di Basilicata.
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