Territorio
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Grassano - La Storia
Grassano, secondo il Flechia, deriva da “Crassianum, dal gentilizio Crassus delle Iscr.”Fu
casale del territorio di Tricarico. È menzionata come “comunità di Crassanum”, nel
1123 nella Bolla di Callisto II con la quale il Pontefice conferma i possedimenti della chiesa
di Tricarico. Nel 1414 la giurisdizione civile di Grassano fu affidata dai conti Sanseverino ai
Gerosolomitani e ai loro Commendatori, mentre quella criminale continuò ad essere sottoposta
al Capitano di Tricarico ed in seguito al principe di Bisignano, ai De Novellis e ai
Revertera di Salandra. Nel Cinquecento, nel Seicento e nel Settecento ebbe un periodo
di ricchezza e raggiunse con l’amministrazione dei
Commendatori (fino al 1797) una certa autonomia; s’ingrandì
per il notevole incremento demografico, dovuto all’immigrazione
dai paesi limitrofi. Nel 1799, al tempo della
proclamazione della Repubblica partenopea, il grassanese
Francesco Saverio Caputi fu membro supplente del governo
provvisorio della repubblica e, dopo la caduta della stessa,
ben dieci grassanesi furono condannati all’esilio. Nel 1861,
subito dopo l’unità d’Italia, insofferente dell’ingiusto peso
fiscale, l’intera popolazione cacciò al grido di “Viva
Francesco I”, le guardie nazionali a fucilate dopo averle disarmate.
Nell’Ottocento la zona boscosa del territorio fu facile nascondiglio
per i briganti, ma i grassanesi riuscirono a catturare
la banda del feroce Mattia Maselli.
Durante il fascismo fu terra di confino ed ospitò Carlo Levi, il medico pittore e scrittore che
ha immortalato questa città nei suoi quadri e nel libro “Cristo si è fermato ad Eboli”. La locanda
che ospitò il celebre confinato è in ristrutturazione e sarà riportata alla sua originaria
struttura.
Il centro storico è poco abitato, specialmente dopo il terremoto del 1980. Le “casedde” risultano
abbandonate o trasformate in cantine e depositi, mentre “i lammioni”, legati all’economia
agricola dei “mulari” i piccoli proprietari, sono stati riattati con la sopraelevazione e trasformati
in negozi nella Via Meridionale e in botteghe nella Via Appia. Si notano anche alcuni
palazzi gentilizi restaurati e a volte modificati nell’originaria costruzione: in Via Forno il
Palazzo Ruggieri che faceva parte del complesso della residenza dei cavalieri di Malta e in Via
Roma il Palazzo Schiavone e il Palazzo Ferri (1874) con ampio atrio, balaustre ed archetti in
ferro battuto.
FONTE: Consiglio Regionale di Basilicata.
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