Territorio
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Pisticci - La Storia
Pisticci Paese d’antiche origini. Ne sono testimonianze i reperti archeologici rinvenuti nelle necropoli e nei dintorni dell’abitato: ceramiche contraddistinte da decorazioni a tenda e da motivi geometrici, vasi imitanti quelli della costa magnogreca del VII sec. a.C. e vasi protoitalici a figure rosse risalenti al V sec. a.C. Famosi sono quelli del pittore di Pisticci, (così chiamato per aver ritrovato in questo luogo il maggior numero di vasi a lui attribuiti) e della sua scuola (la più antica dell’Italia Meridionale e la prima, in Italia, ad aver usato figure rosse su fondo nero nella pittura vascolare. Sono stati trovati, inoltre: nelle località di san Vito ed Incoronata reperti dell’età del bronzo (1500-1000) a.C., nella zona di San Leonardo, tombe a loculo dell’età del ferro e, nella zona dell’Incoronata, un insediamento greco del sec. VIII a.C. sorto sopra un villaggio indigeno del X-IX sec. a.C. Il toponimo di Pisticci, deriva dalla parola greca Pistoicos, luogo fedele. Nel Libro Negro è scritto che Pisticci era un castello della Magna Grecia, a dieci miglia da Metaponto, edificato dai coloni greci verso il III sec. a.C. sulla sommità di un monte cretaceo. Esso era una specie di fortezza per i greci metapontini, che abitavano in pianura. Nella guerra tra Taranto e Roma (280-275 a.C.) i Metapontini si allearono coi Tarantini e solo la rocca pisticcese dette prova di fedeltà a Metaponto. Secondo il Sinisi e il Racioppi, invece, il nome scaturirebbe dal francese arcaico Pestiz, o dal basso latino Pesticius, per significare una terra di pascoli. Verso il VI-VII secolo d.C. alcuni monaci basiliani si rifugiarono nei pressi del Casale (insieme di povere case nelle quali trovavano ricovero coloro che erano cacciati da altre zone), dove fondarono un Cenobio con una chiesa. Forse, gli stessi monaci costruirono un altro importante monastero che si chiamò S. Basilio, in onore del fondatore. Notizie documentate su Pisticci dell’XI, XII e XIII secolo si rintracciano sul manoscritto Vita S. Patris Brunonis, che si trova presso l’archivio della Casa di S. Lorenzo a Padula. Nella zona del Casale, già abbandonata dai Basiliani e dai contadini, Rodolfo Maccabeo, uomo molto devoto della Vergine, nel 1050, fece edificare per i Benedettini un nuovo tempio, dedicato alla Madonna e concesse ai monaci ogni diritto sul territorio e sulle persone. In età normanna fu costruito il Castello, di cui restano soltanto la torre quadrata e i locali della scuderia. Il feudo dal 1212 appartenne alla famiglia Sanseverino. Nel 1553 passò a Pietro Antonio Spinello e poi a Matteo Comite, conte di Acquara; quindi ai Cardenas e ai Rogges. Durante la peste del 1656 che colpì tutto il regno di Napoli molti, tra cui la famiglia Cardenas, si rifugiarono a Pisticci, che fu risparmiata da questo terribile morbo, per intercessione di S. Rocco, protettore miracoloso del paese. Nel febbraio del 1688 una frana dirupò nel burrone sottostante quasi la metà dell’abitato, vale a dire la parte sud-occidentale del rione più antico, la Terravecchia. Questo disastro provocò più di quattrocento vittime e spaccò il nucleo antico, che era andato estendendosi nei secoli XIV-XV dal castello alla cattedrale, in due. Si pensò, quindi, di costruire il nuovo insediamento più a valle, nella zona di Caporotondo, offerta dal marchese di Laino della famiglia Cardenas, ma i cittadini si opposero anche perché la Chiesa Madre e la piccola piazza antistante non avevano subito danni. Fu fabbricato, sui resti della frana, il rione Dirupo con filari, degradanti a schiera dall’alto verso il basso, di casette bianche ad un piano, tutte uguali, col tetto spiovente coperto di canne e tegole, denominate casedde. Queste caratteristiche abitazioni, ancora oggi si fanno notare e danno al paesaggio un fascino antico. Attualmente accanto alle antiche casette bianche si ammirano anche case più alte con volta (a lammia) o senza, edificate coi moderni sistemi di costruzione. Nel fine ‘600 inizio ‘700 furono edificati alcuni palazzotti gentilizi nella parte alta (la Terravecchia) intorno al castello malridotto e alla cattedrale.
FONTE: Consiglio Regionale di Basilicata.
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