Territorio
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Rotondella - Castello
Rotondella Molti ritengono che il villaggio di Rotondella sia sorto sulle ceneri di tre casali: Santa Laura, posto sulla costa ionica e non distante dall’attuale Rotondella, tassato nel 1669 per 19 fuochi; il vicino casale di Santa Lucia, posto sulle rovine di Trisaia, e la stessa Trisaia o Tre Santi, antico centro che nell'età sveva era tenuta a riparare il castello di Policoro.
Si racconta che il
casale di Santa Lucia fosse rimasto
distrutto dal terremoto del 1669, e i
suoi abitanti preferirono trasferirsi
nella vicina Rotondella. Fallito il
tentativo di ricostruirlo casale sia
pure sotto altra denominazione, il luogo
rimase presto deserto.
Il tentativo fu fatto per iniziativa del
barone di Santa Laura, anch’esso
distrutto dal terremoto. Stessa cosa
avvenne con Trisaia, che nel 1504,
disabitato, fu concesso ad Antonio de
Guevara conte di Potenza.
Prima che questi casali, cioè Trisaia, Santa Laura e Santa Lucia, fossero del tutto abbandonati, le terre appartenenti erano ritenute fertilissime, tanto che i Greci avevano colonizzato per primi quelle aree. Alcuni raccontano che qui vigeva una strano governo, quasi di tipo democratico, nel senso che non vi era un barone od un conte, ma gli ecclesiastici facevano da padroni sui contadini, i cui figli, per “vocazione”, potevano diventare anch’essi dei sacerdoti. In sostanza, vi era un governo quasi “ecclesiastico”.
Uno di questi monaci, nato povero, ma in quel periodo padrone di quelle terre, volle organizzare un periodo di feste in onore delle sante Laura e Lucia, per fare in modo di rendere anche gioiosa la vita dei popolani. Decise di chiamare alcuni saltimbanchi che erano di passaggio e li pagò abbastanza con cibo ed ospitalità, per trattenerli almeno tre giorni. Il popolo era davvero in festa, e gli altri religiosi concordavano che il loro abate meritava davvero di essere amato da tutti.
Durante la festa venne fuori una specie di zingara che volle predire il futuro degli astanti. Dopo alcune persone, la scelta si indirizzò verso il monaco ma, all’improvviso, la zingara fuggì gridando come una forsennata. Nessuno riuscì a spiegarsi quel comportamento e, dopo qualche attimo di smarrimento, la festa continuò senza problemi. Il monaco, che aveva raggiunto la zingara sino all’esterno del villaggio, chiese il perché di quel comportamento. Ella gli svelò di averlo riconosciuto come figlio poiché somigliava al padre, che morto nel casale di Santa Laura per peste, aveva donato il figlio ad una famiglia di contadini perché lo allevassero con amore.
Si racconta che, da allora di poi, tutti i figli degli zingari, degli stranieri e dei profughi, dovessero sempre essere accolti con gioia nei tre casali che portarono alla formazione del villaggio di Rotondella.
FONTE: Consiglio Regionale di Basilicata.
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