Territorio
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Lagonegro - Il Castello
Lagonegro Del castello di Lagonegro oggi non rimane alcuna traccia. Dovette essere costruito dai Normanni, su una rupe denominata Castello, di forma quasi circolare, e quindi facente parte di un nucleo abitato più antico, che poi venne abbandonato durante il popolamento del nuovo borgo. Sui margini di questa rupe, infatti, furono costruite nel medioevo delle grosse mura di cinta, nel cui circuito vi erano altre torri semicircolari di cui due sono tuttora in piedi, mentre l'altra è completamente distrutta. Il castello sorgeva sulla vetta della rupe, ma dopo che nel 1552 i Lagonegresi pagarono con un riscatto la loro libertà, furono essi stessi a disperdere le tracce materiali del feroce dominio feudale e ad evitare che un nuovo barone si insediasse nella fortezza. I cittadini pensarono di abbattere fin dalle fondamenta il superbo e temuto palazzo del Barone, e non fu mai permesso a nessuno di fabbricare su quel suolo.
L’area del palazzo rimase nei secoli
come piazzetta pubblica e luogo di
riunione e di passeggio, finché nel 1858
fu adattata a necropoli ed i sotterranei
del palazzo furono utilizzati come
sepoltura ed ossario comune.
L’odio dei Lagonegresi verso la tirannia
feudale era notoriamente triste: il più
crudele fra tutti i signori di Lagonegro
fu Gian Vincenzo Carafa.
La tradizione vuole che il Carafa,
feudatario del castello, in esso avesse
riunito i più scellerati uomini della
zona, per farsi aiutare nelle sue
imprese e scorribande nel territorio e
nella città, senza essere punito da
alcuno. Tra i tanti uomini fedeli ed
assassini si ricorda un certo Mangaretto
“il basso”. Costui non solo angariava i
poveri sudditi, ma fece costruire al
centro del maestoso cortile del
Castello, una specie di torre-vedetta,
sulla quale era possibile guardare se
nei dintorni vi fosse una pattuglia di
cavalieri o poliziotti.
Accadeva, però, che lo stesso Mangaretto
si comportasse quasi da padrone del
feudo, infischiandosene anche del Barone
Carafa, che non poteva nulla contro la
prepotenza del suo scagnozzo.
Fu tanto l’odio e l’invidia del Carafa
verso lo stesso Mangaretto il basso, che
ideò uno stratagemma per ucciderlo.
«Carissimo Mangaretto, vieni da me, che
voglio regalarti una parte del paese,
così che anche tu possa godere del mio
regno per sempre». Lo fece sporgere
dalla torre-vedetta e, in un attimo,
scaraventò l’assassino che realizzò al
tonfo un lago di sangue nero. Si dice
che nel punto dove Mangaretto cadde
nacque un roveto che nessuno è mai
riuscito a togliere.
Quando il castello venne abbattuto, i
Lagonegresi circondarono il roveto con
un circolo di novantadue pietre, cioè il
numero dei delitti di Mangaretto il
basso.
Un’altra tradizione, però, riporta che
in questo castello dimorò la famosa
Mon-na Lisa, la famosa Gioconda dipinta
da Leonardo da Vinci.
FONTE: Consiglio Regionale di Basilicata.
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