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La Storia della Basilicata / Neolitico
Con il Neolitico (10.000-2500 a.C.), si attua in tutto il bacino del Mediterraneo una vera e propria rivoluzione. Cambiamenti climatici portano ad un ambiente sempre più simile a quello attuale, determinando, di conseguenza, una trasformazione nel sistema di vita dei gruppi umani. Inizia, infatti, uno sfruttamento differente delle risorse naturali, con l’avvio della raccolta mediante l’osservazione dei cicli vegetali e dell’allevamento. Tali innovazioni sono documentate inizialmente nel vicino Oriente (Iraq, Turchia, Siria, Palestina), in quell' area denominata "mezzaluna fertile" in cui i cereali commestibili crescevano allo stato selvatico, dove si organizzano i primi insediamenti stabili, veri e propri villaggi a capanne, dal momento che per lavorare i campi ed immagazzinare i raccolti è necessaria una vita sedentaria. Nella stessa area si registrano “conquiste” tecnologiche, come la produzione della ceramica (funzionale alla conservazione delle derrate alimentari), la tessitura, la navigazione. Queste nuove forme di organizzazione sociale ed economica si diffondono rapidamente verso Occidente e durante il 6.000 a.C. gruppi di agricoltori-allevatori arrivano dall’area egeo-balcanica in Italia, trovando un ecosistema ideale. Le popolazioni locali di tradizione paleolitica vengono rapidamente acculturate dai nuovi gruppi, i quali trasferiscono le loro conquiste tecnologiche e culturali nelle nuove sedi. L' uomo si trovava in un ambiente ostile, fisicamente svantaggiato in confronto agli altri predatori. La caccia quindi non costituiva una fonte di cibo sicura e consistente. La sopravvivenza della comunità era, bensì, assicurata dalla raccolta d' erbe, tuberi e frutti, e dalla caccia di piccoli roditori. Non si deve sottovalutare la portata della raccolta. Essa non deve essere concepita come la casuale ricerca di cibo commestibile nelle vicinanze dell' accampamento. Una funzione importante assolta dalle donne del gruppo. Legate alla cura dei figli e meno adatte a partecipare alle grandi battute di caccia, le donne primitive provvedevano al sostentamento del gruppo, svolgendo un lavoro di grandissima importanza; alcune di esse avranno forse notato che i semi casualmente interrati germogliavano, apprendendo così il meccanismo della riproduzione vegetale. Cereali e leguminose si adattavano con facilità alla varietà del terreno, e potevano essere raccolti a breve distanza di tempo dalla semina. Le donne conoscevano con perizia i cicli di riproduzione delle piante ed i luoghi ove esse crescevano più abbondanti. Sapevano distinguere una specie vegetale dall' altra e conoscevano le proprietà d' ogni arbusto. Sapevano come usufruire d' ogni parte del frutto e come non danneggiare le piante durante la raccolta. Anzi nel corso delle loro "battute" le donne curavano le piante commestibili sarchiando, eliminando le erbacce e talora concimando il suolo. Alcune popolazioni bruciavano parte di un determinato territorio per accelerare la crescita della vegetazione o per intensificarne la produttività. Non è escluso che durante il loro passaggio, le donne-raccoglitrici abbiano anche piantato dei semi per ritrovare l' anno successivo una quantità superiore di piante commestibili. Il gruppo si spostava, quindi, seguendo una sorta di "mappa" tracciata secondo la reperibilità e l' abbondanza delle piante. In questo modo gli insediamenti assumono sempre più facilmente caratteristiche di maggiore e spesso definitiva sedentarietà, anche se il rapido esaurirsi dei suoli creava la necessità di spostare le sedi in tempi relativamente brevi. È questo il momento in cui l' agricoltura fa la sua comparsa nella storia. Le prime piante commestibili coltivate furono il grano, l' orzo e il miglio e in seguito fave, piselli, lenticchie e lino. L' invenzione dell' agricoltura si ripercuote con un peso significativo sulla società umana primitiva, modificandone aspetti importanti. In genere, con l' adozione delle tecniche agricole, i gruppi umani tendono a diventare sedentari, a stabilirsi, cioè, in un luogo per un periodo più o meno lungo. L' agricoltura ha tempi lunghi, che richiedono un impegno costante, e quindi legano il gruppo ad un determinato territorio. La sedentarietà comporta una nuova struttura della società primitiva, nella quale iniziano ad emergere ruoli diversi e una gerarchia sociale. Di conseguenza anche la donna si trova ad occupare una posizione diversa, rispetto a quella occupata durante l'età primitiva. Alle donne venne affidato esclusivamente il compito di badare alla prole e alla casa. La maggiore disponibilità di cibo, un riparo dalle intemperie e la sedentarietà resero possibile un innalzamento del tasso di fecondità umana. Quindi le donne poterono mettere al mondo più figli, in grado di sopravvivere alla nascita e ai primi anni di vita in numero superiore (anche se la mortalità infantile continuava ad essere alta), rispetto all' era paleolitica. Ma congiuntamente all' agricoltura iniziò ad essere praticato anche l' allevamento. I primi animali ad essere allevati furono ovini, suini, bovini, per la cattura dei quali ricorsero anche all' uso di tecniche più ingegnose (trappole). Da alcuni animali di allevamento, come le pecore, si imparò a ricavare poi la lana; mentre dalla scoperta di alcune piante , come ad esempio il lino , si sviluppò la tecnica della filatura e della tessitura. Conseguenza dei grandi mutamenti che comportarono l' agricoltura e l' allevamento fu la trasformazione dell' uomo da predatore a produttore di cibo. Con la diffusione dell' allevamento, la società e la famiglia neolitica subisce un' ulteriore cambiamento. L' allevamento divenne l' attività sostitutiva della caccia e venne gestita quasi interamente dagli uomini del gruppo. Queste nuove forme di sostentamento portarono alla costruzione di nuovi utensili, quali falcetti, asce, attrezzi in pietra dura, zappe, mole di pietra. Il problema della conservazione degli alimenti venne risolto dalla lavorazione dell' argilla, che portò alla creazione di vasi, ciotole e recipienti. Nelle epoche precedenti, e certamente anche durante il Neolitico e nelle successive Età dei Metalli, i contenitori necessari alla vita quotidiana venivano costruiti con materiali deperibili (legno, corteccia, pelle, vimini, ecc.). Ma questi solo eccezionalmente e in particolari condizioni di terreno possono essere trovati in uno scavo archeologico. L'invenzione della ceramica, avvenuta nel Neolitico, grazie alla resistenza nel tempo di questo materiale, offre alla nostra conoscenza un elemento utilissimo per seguire l'evoluzione, gli scambi e in un certo senso i gusti e le mode di quei "contadini" preistorici. Spesso anche la ceramica veniva esportata o come oggetto in sè o come contenitore di diverse sostanze. Infatti vasi di ceramica dipinta, tipici di culture neolitiche dell'Italia centromeridionale, sono stati trovati in siti settentrionali dove non si utilizzò mai questa tecnica decorativa. Certamente è possibile, poi, leggere le diverse fasi storiche attraverso l' evoluzione dei numerosi reperti ritrovati circa le produzioni ceramiche e i relativi repertori decorativi (ceramiche impresse, graffite e dipinte). Il villaggio neolitico era il fulcro della comunità, intorno al quale si trovavano le terre coltivate, che appartenevano a tutti gli abitanti. I frutti della terra, lavorata in comune, erano distribuiti tra le varie famiglie (o clan), che formavano il villaggio. Per "famiglia", bisogna intendere un gruppo di persone abbastanza ampio, comprendente non solo la coppia ed, eventualmente, i figli, ma anche le generazioni più anziane o persone legate al gruppo da diversi gradi di parentela, come i cugini e gli zii. Verso la fine del Neolitico si avvertono nuovi stimoli culturali dall’ Oriente ed un rarefarsi degli insediamenti, fenomeno comune, del resto, ad altre aree dell’ Italia meridionale. Alla fine del Neolitico gruppi di origine egea ed anatolica che avevano già in uso la lavorazione dei metalli determinarono con il loro arrivo una progressiva trasformazione delle comunità di agricoltori. Infatti, proprio con l' avvento della metallurgia prende avvio ad una nuova era che si indica con il nome di Età dei Metalli.
In Basilicata
Anche in Basilicata si stabilirono, soprattutto nel Melfese (Rendina di Melfi) e sulla Murgia Materana (Murgecchia, Murgia Timone, Serra d’Alto, Trasano, ecc.), veri e propri villaggi con capanne circolari ovali o rettangolari, circondati da fossati a scopo difensivo. Le capanne erano realizzate in canne, paglia e argilla con un pavimento in battuto che inglobava ciottoli fluviali. Tra i reperti più significativi rinvenuti all’ interno di questi villaggi, si segnala la presenza di vasellame in ceramica non depurata (impasto), decorato con impressioni a crudo, ottenute con semplici unghiate, sottili incisioni o con motivi impressi (servendosi di conchiglie). Nel corso del IV millennio a.C. si afferma un tipo di ceramica fine ed elegante in argilla depurata e dipinta con motivi geometrici di colore bruno (meandro, spirale, scacchiera) detta di tipo “Serra d’Alto”, dal nome di uno dei principali villaggi murgiani e attestata nel Materano, a Latronico, a Paterno. La molitura dei cereali è documentata dal rinvenimento di alcune macine in pietra, mentre l’ attività della lavorazione e della tessitura delle lane, ricavate dall’ allevamento, è confermata dalle numerose fuseruole. Infine, lamette di ossidiana sono la preziosa testimonianza della diffusione di questa particolare materia prima di origine vulcanica (utilizzata per la produzioni di strumenti molto taglienti)oggetto di commercio tra le diverse aree del Mediterraneo. In questo periodo le grotte vengono utilizzate per scopi sacrali o funerari. I defunti, deposti in fosse con scheletro rannicchiato, chiara allusione alla posizione fetale (e, dunque, ad un ciclo vitale in cui la morte si ricongiunge alla nascita), erano oggetto di particolari cure: è stato rinvenuto in un sito del Materano un defunto con il cranio dipinto di ocra, mentre in un altro caso la sepoltura era “segnata” da una stele alta 1.20 m. Tracce e reperti riguardanti le prime forme di economia produttiva (agricoltura e allevamento) databili tra il VI e il IV millennio a.C. sono invece stati ritrovati nelle grotte di Latronico e nei siti di Petrulla di Policoro e di Cetrangolo di Montalbano Jonico.
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